martedì 12 giugno 2012

El Gabon de Arcagna

Arcagna il cui nome significa “luogo alto sull’acqua”è frazione di Montanaso dista sette chilometri da Lodi in direzione di Zelo Buon Persico.
Il nome ricorre più volte negli antichi documenti dal 1148 in poi.
Fu “villa “ infeudata alla corte di Galgagnano, allora sede vescovile, confermata dal Barbarossa e successivamente dall’imperatore Arrigo VII nel 1311.
Si ha memoria di un “lago” di Arcagna nel 1361 , sicuramente una palude del lago Gerundo.
Sul principio del secolo XIV, unitamente a Gamorra e Montanaso era annessa al monastero di S.Giacomo di Pontida.
Nel 1600 era commenda degli Olivetani di Villanova col nome di Arcagna Eugenia.
Ad Arcagna dietro la chiesa parrocchiale c’era un castello ove ebbe sede una congregazione di religiose Salesiane che officiarono nell’antica Chiesa, divenuta parrocchiale nel 1602.
La chiesa attuale, intitolata all’Assunzione di Maria , fu eretta nel 1628 e dal 1649 ospita l’immagine della Madonna, detta di Arcagna, oggetto di culto speciale e di pellegrinaggi. Il 26 aprile di ogni anno si tiene la cerimonia in memoria del ritrovamento della sacra immagine avvenuto nei pressi del “Gabon” ( il termine ''gabon''nel dialetto lodigiano indica una grossa pianta con il tronco tagliato a una altezza dai due/tre metri), vecchio olmo che sorge vicino alla strada provinciale di Paullo.


Tromba d’aria abbatte il “Gabon”


Lunedì 11 giugno 2012, ore 17.15: una tromba d’aria lambisce Montanaso e spezza e abbatte il Gabòn di Arcagna, l’olmo secolare (360 anni di anzianità secondo alcuni botanici) indissolubilmente legato all’immagine miracolosa della Madonna ritrovata il 26 aprile del 1649 in un campo della cascina Pantanasco.

 Un affresco di epoca sconosciuta il cui ritrovamento coincise con la fine di un temporale durato due settimane e con il ritorno della parola al parroco, muto da due anni. Attorno a quell’affresco, ora restaurato, è nato il santuario di Arcagna. L’olmo invece, ricorda ora il parroco di Montanaso e Arcagna don Stefano Grecchi, forte della memoria dei suoi fedeli, arriva qualche secolo dopo. Faceva parte del filare che correva lungo la strada ora provinciale. Era caduto, morto, e un contadino l’aveva adagiato su un campo a Pantanasco. Inspiegabilmente, con le radici all’aria, mise foglie e fiorì. E così fu posizionato a fianco della provinciale, e in un buco del tronco è stata poi collocata una piccola copia dell’effigie della Madonna di Arcagna. A pochi metri c’è un’edicola votiva, solida e austera, ma la vera protagonista resta la Madonnina nell’olmo. Proprio pochi centimetri sopra la teca in metallo che protegge l’immagine, ieri l’albero si è spezzato. Per un ampio tratto era un semicilindro vuoto, ma di legno vivo e vitale, che si è autoprotetto dall’esterno dai parassiti con una scorza dura. «Soffriva, come tantissimi olmi padani, di graffiosi - constata lo studente di agraria Marco Mizzi di Montanaso - ma era un caso particolare: al suo interno dei fitoplasmi contrastavano questo fungo, e mantenevano la pianta vitale».

Il Gabòn è spezzato, ma non è morto: l’agricoltore Orsini, che come i suoi avi coltiva il podere Pantanasco, si è già candidato per mettere a dimora la pianta spezzata. Sperando che il miracolo si ripeta. Due cloni sono già da tempo nelle mani di Mizzi e del suo professore di agraria Daniele Bassi. E poi il piede del Gabòn è ancora al suo posto: «Ci sono già due bei getti vitali», constatano i residenti di Arcagna. Si tratta solo di aspettare e l’antico olmo prenderà forma. E forse di Gabòn ce ne sarà più di uno. Recentemente erano stati posizionati alcuni supporti in ferro per sostenere il Gabòn, «ma la massa di foglie era notevole, per le condizioni della pianta», annota un agente della Forestale di Lodi, subito intervenuta assieme al Consorzio di polizia locale Nord Lodigiano e ai vigili del fuoco. In zona, anche un semaforo piegato e rami spezzati. «C’è stata una tromba d’aria - constata preoccupato il sindaco Luca Ferrari, tra i primi al capezzale del Gabòn -. Questa è un’enorme ferita per la nostra tradizione. Ma faremo di tutto perché Arcagna non resti senza questo albero». Quando recentemente è stata rettificata la provinciale Lodi - Zelo, la Provincia aveva dovuto variare il tracciato per salvaguardare l’albero, censito come monumentale. Il parroco riunirà il consiglio pastorale, ma come l’affresco riaffiorò sotto un aratro e l’albero creduto morto fiorì all’improvviso, è già chiaro per tutti che il Gabòn, con i suoi ex voto e le coroncine del Rosario tra i rami, si è spezzato per insegnare a tutti che si deve rinascere. (Carlo Catena)



L’antico Gabòn rinascerà
Da un legno storto come quello di cui è fatto l’uomo, non può nascere nulla di perfettamente dritto. Lo diceva il filosofo Immanuel Kant accostando le curve del tronco di un albero alla storia dell’umanità. Nelle anse del secolare Gabòn di Arcagna, nelle linee curve disegnate dalle fronde, si sono intrecciati umano e divino, storie di uomini e di fede. Un connubio da cui è nata una devozione intensa e leggendaria. E la tromba d’aria che lunedì ha abbattuto l’olmo, squarciandone completamente il tronco, non ha scritto la parola fine. Il Gabòn continuerà a vivere. Accanto alla pianta, oggi ferita a morte e transennata, ci sono già tre germogli che superano i due metri. Ieri mattina, il comune ha effettuato un nuovo sopralluogo insieme al professor Daniele Bassi del dipartimento di produzione vegetale dell’Università di Milano, anche sovrintendente dell’azienda agricola Francesco Dotti. «Ci hanno spiegato cosa fare per conservare al meglio questi “figli” - spiega il sindaco di Montanaso, Luca Ferrari - : il tronco invece sarà svuotato del cemento e dei mattoni che conteneva nella parte morta e con il legno saranno realizzate delle sculture che resteranno come memoria e testimonianza di quello che ha significato il Gabòn per Montanaso». Sul suo tronco, infatti, riposava la riproduzione della sacra effige della Madonna ritrovata il 26 settembre 1649 in un campo della cascina Pantanasco durante un’aratura con i buoi. Un episodio che coincise con la fine di un temporale durato due settimane e con il miracoloso caso del parroco di allora, don Baldassarre Burlotti, che ritrovò la favella dopo essere rimasto in silenzio per due lunghi anni. Nella storia del paese, la tradizione racconta che, trascorsi molti anni, si fosse anche deciso di sradicarlo per darlo alle fiamme, ma non che non si trovò nessuno disposto a farlo. Erano tutti troppo devoti allo storico olmo proprio per il legame indissolubile con la riproduzione del volto di Maria. Nella storia del comune si racconta che il Gabòn venne comunque sradicato, trasportato a Pantanasco e deposto sull’aia. E che qui, le sue radici, in primavera, si ricoprirono di gemme. Un segno che venne interpretato come un’intercessione della Madonna e che convinse la comunità, «con reverente timore» si legge nelle cronache, a riportarlo nella sua precedente sede. Dopo la violenta tromba d’aria di lunedì, l’immagine della Madonna è nelle mani di don Stefano Grecchi, ma l’intenzione di farla tornare al più presto lì, vicino alle radici del Gabòn. «Costruiremo una nuova edicola votiva proprio a fianco dell’albero e lì verrà sistemata l’immagine sacra - ha precisato ancora il sindaco - : intanto confidiamo nelle sperimentazioni del professor Daniele Bassi e del giovane Marco Mizzi di Montanaso, che sta scrivendo una tesi di laurea sul Gabòn e sta facendo crescere altri due “figli” del Gabòn in laboratorio». Non è il primo tentativo. Nella storia lunga 360 anni del Gabòn, altri hanno provato a riprodurlo, sempre senza successo. Ci riproverà anche Francesco Orsini, coltivatore che riporterà un ramo del Gabòn a cascina Pantanasco. In quel punto, però, dell’ombra del Gabòn già si sente la mancanza. (Rossella Mungiello)
--------------------------------------------------------
Fonte:
www.comune.montanaso.lo.it
ww.ilcittadino.it

Nessun commento:

Posta un commento