sabato 26 maggio 2012

Cimitero di Riolo - complesso

Indirizzo: Strada Provinciale per Bergamo alla frazione Riolo di Lodi (LO) 

L'illustre scienziato pavese Paolo Gorini che scelse Lodi per i suoi studi; un primo forno goriniano venne edificato presso il cimitero di Riolo nel 1877 e nella notte fra il 5 e il 6 settembre dello stesso anno si compì la prima cremazione.

Facciata del forno crematorio
di Paolo Gorini
Molti cimiteri adottarono il forno goriniano, che venne edificato a Milano (1877, arch. Carlo Maciachini), Cremona (1883, ing. Francesco Podestà), Roma (1883, ing. Salvatore Rosa), Varese (1883, arch. Augusto Guidini), Torino (1888, arch. Pompeo Mariani). Venne inoltre adottato a Londra (cimitero di Woking, 1888, ing. Turner) e a Parigi (cimitero Pére Lachaise, 1887, arch. Formigé).
Come lo stesso Paolo Gorini sottolineava nella sua lettera a Olioli, il metodo di distruggere il corpo nel misterioso «liquido plutonico» era efficace, ma molto costoso.
Così, lo scienziato sperimentò un nuovo sistema di distruzione dei cadaveri attraverso la combustione, progettando il primo forno crematorio moderno, grazie al quale incontrò un successo insperato.
Lato opposto della facciata del forno ed ingresso
 Lo stesso scienziato scriveva: «rassegnatomi quindi a non contare se non sui limitatissimi mezzi di cui fino allora aveva potuto valermi, continuai tranquillamente i solitarii miei studii, applicandomi principalmente alla questione dell'incenerimento dei morti. Investito difatti come io ero, solo fra tutti i figli della penisola, della straordinaria facoltà di disporre liberamente di una copia illimitata di cadaveri, avevo [...] sentito, che a me [...] incombeva l'obbligo di studiare sperimentalmente quel problema».

La leggenda dice che l'invenzione del forno crematorio da parte di Gorini avvenne dopo che ebbe abbandonato l'idea della conservazione dei corpi. Resta celebre una battuta del Gorini stesso: lo scienziato infatti sosteneva che se avesse continuato a pietrificare cadaveri presto i morti avrebbero sopravanzato i vivi. Al di là dell'umorismo nero del Gorini, molti allora morivano per gravi malattie o epidemie, quindi c'era la necessità di evitare la propagazione delle infezioni.

Anni di lavoro e di studi instancabili spesi sulla conservazione delle sostanze organiche, convinsero Gorini che il suo metodo di pietrificazione, molto costoso, non avrebbe potuto avere che rare applicazioni. Inoltre, con un'ironia sui generis, lo scienziato sosteneva che se si fossero pietrificati e conservati tutti i cadaveri, presto i morti avrebbero sopravanzato i vivi. Così, sul principio degli anni Settanta del XIX secolo, spinto dall'invito ripetuto di Agostino Bertani e di Gaetano Pini, Paolo Gorini affrontò la questione della cremazione. A muovere Gorini in questa nuova avventura scientifica, era la consueta repulsione nei confronti della decomposizione. Lo scienziato scriveva: «quanto poi succede nella sepoltura è senza confronto più tristo e più ributtante di ciò che sarebbe accaduto al cadavere lasciato sopra la terra; e lo strazio di quelle misere carni dura, come si è fatto notare, un tempo lunghissimo […]. È una cosa orribile il rendersi conto di ciò che succede al cadavere allorché sta rinchiuso nella sua prigione sotterranea. Se attraverso un qualche spiraglio si potesse gittare là dentro uno sguardo, qualunque altro modo di trattamento dei cadaveri si giudicherebbe meno crudele, e l'uso del seppellimento sarebbe irremissibilmente condannato». Tuttavia, Gorini giunse quasi casualmente all'idea della cremazione:

Uno dei monumenti lapidei più antichi custoditi
nel cimitero (Fam. Cornalba)
Il 9 aprile 1872, mentre teneva al fuoco due piccoli crogiuoli ripieni di materia vulcanica, gli sovvenne di un fatto curioso che più di una volta gli era occorso di osservare, “cioè che gli insetti i quali per accidente erano caduti nel liquido vulcanico incandescente, appena che lo toccavano scomparivano risolvendosi in una lucente fiammella”. Sospettando che ciò potesse succedere con una materia animale qualunque, da un fegato che aveva in laboratorio, da destinare a una delle solite preparazioni, tolse due frammenti e li buttò nei crogiuoletti pieni di materia vulcanica in fusione. Accadde il previsto: appena a contatto del liquido incandescente i pezzi davano origine a una splendente fiammella e si disperdevano in seno al liquido senza lasciare alcuna traccia.

I cimiteri erano, per i fautori della «morte laica», veri ricettacoli di infezioni e poteva essere provato, grazie alle nascenti discipline della batteriologia e della microbiologia, «che il processo della decomposizione poteva causare l'inquinamento dell'acqua e dell'aria nelle aree circostanti i sepolcri». Se l'editto napoleonico di Saint Cloud, del 1804, veniva esteso anche all'Italia due anni dopo la sua promulgazione, riservando gli spazi extra moenia per la costruzione dei cimiteri e promuovendo di fatto la più moderna separazione tra le città dei vivi e quelle dei morti, la cremazione e la sua riscoperta avvennero ad opera dei philosophes dell'Encyclopédie. 
Manufatto bronzeo per luce votiva

La Chiesa poteva comunque vantare l'appoggio di numerosi scienziati, fra i quali si ricorderanno soprattutto Antonio Rota, Olindo Grandesso Silvestri e Silvestro Zinna, vicepresidente della Società degli scienziati napoletana. Tuttavia, fra i molti detrattori spicca soprattutto il nome di Paolo Mantegazza, celebre medico e antropologo, cattedratico a Firenze. Del resto, sono numerose le testimonianze dell'ostilità della chiesa lodigiana verso la figura del Gorini: nel 1851 la rivista «L'Amico Cattolico» lo bollava come pirronista e materialista, nel 1863 le monache di S. Anna rifiutarono a Gorini la permanenza nella casa dove egli abitava e nel 1882 si opposero alla proposta della Giunta municipale di posare sullo stesso edificio la lapide commemorativa dello scienziato. In Italia la cremazione venne approvata e concessa nel 1888 e i Comuni furono obbligati a cedere gratuitamente l'area necessaria alla costruzione dei crematori. 


Camminando sul percorso centrale del cimitero, si possono osservare le lapidi artistiche che le famiglie benestanti fecero costruire per il perenne ricordo post mortem.
 Interessante per il richiamo al periodo liberty è la tomba della famiglia Bussi che vedete nella foto sottostante:


pur avendo cercato il nome dell'autore sul dipinto, non sono in grado di dirvi chi ha decorato nei primi anni del '900 questo Angelo.


In questo cimitero riposano i resti del maestro lodigiano Giuliano Mauri, artista del XX secolo che deve la sua notorietà ai suoi numerosi poetici interventi ambientali, definiti come architetture naturali.
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Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Gorini#Sull.27invenzione_del_forno_crematorio

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